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I tre fratelli

KHM 124

C'era una volta un uomo che aveva tre figli e non possedeva altri beni che la casa in cui abitava. Ognuno dei figli avrebbe voluto avere la casa alla sua morte, ma egli li amava tutti allo stesso modo e non sapeva come fare per non fare torto a nessuno; venderla non voleva perché, era la casa dei suoi padri: altrimenti avrebbe diviso il denaro fra di loro. Finalmente gli venne un'idea e disse ai figli: "Andate in giro per il mondo e mettetevi alla prova; ognuno di voi impari un mestiere e, quando tornerete, chi farà il miglior capolavoro avrà la casa." I figli furono d'accordo; e il maggiore volle fare il maniscalco, il secondo il barbiere e il terzo il maestro di scherma. Stabilirono quando sarebbero tornati tutti a casa e se ne andarono. Il caso volle che tutti e tre trovassero ottimi maestri, presso i quali impararono proprio bene. Il maniscalco doveva ferrare i cavalli del re e pensava: "Sicuramente avrai la casa." Il barbiere radeva solamente dei gran signori e pensava anche lui che la casa sarebbe stata sua.

Il maestro di scherma si buscò parecchi colpi, ma stringeva i denti senza perdersi d'animo, perché, pensava: "Se hai paura di un fendente, non avrai mai la casa." Quando fu trascorso il tempo stabilito, ritornarono tutti e tre a casa; ma, non sapendo trovare l'occasione più propizia per dare prova della loro arte, si riunirono e tennero consiglio. Mentre se ne stavano là seduti, arrivò all'improvviso una lepre di corsa attraverso il campo. "Ehi!" disse il barbiere "viene giusto a proposito!" Prese la catinella e il sapone, agitò la schiuma finché, la lepre fu ben vicina, poi di corsa l'insaponò e le fece una barbetta a punta, senza tagliarla per nulla n, torcere un pelo. "Mi piace!" disse il padre "se gli altri non fanno qualcosa di speciale, la casa è tua." Poco dopo, arrivò un signore in carrozza, e il cavallo andava di gran carriera. "Adesso state a vedere, babbo, che cosa sono capace di fare" disse il maniscalco; corse dietro alla carrozza, tolse i quattro ferri al cavallo, mentre continuava a galoppare, e gliene mise quattro nuovi. "Sei in gamba" disse il padre "sai fare bene il tuo mestiere come tuo fratello; non so a chi devo dare la casa." Allora il terzo figlio disse: "Babbo, lasciate che provi anch'io" e, siccome incominciava a piovere, sguainò la spada e la brandì menando colpi di traverso sopra la sua testa, in modo da non prendersi nemmeno una goccia; e quando la pioggia si fece più fitta e finì con lo scrosciare come se la rovesciassero a secchiate dal cielo, egli brandì la spada sempre più in fretta e rimase asciutto come se fosse al coperto. Al vederlo, il padre rimase di stucco e disse: "Tu hai fatto il miglior capolavoro, la casa è tua." Gli altri due fratelli si accontentarono, come avevano promesso; e poiché, si volevano molto bene, rimasero tutti e tre insieme nella casa, esercitando il loro mestiere; e lo conoscevano così a fondo, abili com'erano, che guadagnarono molto denaro. Così vissero felici insieme fino a tarda età e, quando uno di loro si ammalò e morì, gli altri due ne furono tanto addolorati che si ammalarono e morirono anch'essi. Allora, poiché, erano stati così abili e si erano voluti tanto bene, furono sepolti insieme nella stessa tomba.

— FINE —

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