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Il corvo

KHM 093

C'era una volta una madre che aveva una bambina piccola e doveva ancora portarla in braccio. Un giorno la bambina era inquieta; la mamma poteva dire ciò che voleva, ma lei non si chetava mai. Allora la donna si spazientì e, poiché, c'erano dei corvi che volavano intorno alla casa, aprì la finestra e disse: "Vorrei che fossi un corvo e che volassi via, così sarei tranquilla." Aveva appena pronunciato queste parole che la bimba si tramutò in corvo e volò via dalle sue braccia, fuori dalla finestra. Volò lontano, senza che nessuno potesse raggiungerla, e andò a rifugiarsi nel folto di un bosco, ove rimase un bel pezzo. Un giorno un uomo passava per il bosco, udì il corvo gridare e seguì la voce; quando si fu avvicinato il corvo disse: "Sono una principessa di stirpe reale, ma sono stata stregata, e tu puoi liberarmi." - "Che cosa debbo fare?" domandò l'uomo. "Va' in quella casa laggiù; troverai una vecchia che ti offrirà da mangiare e da bere. Tu però non prender nulla, poiché, la bevanda contiene del sonnifero e non potrai liberarmi. Nel giardino, dietro la casa, c'è un gran mucchio di torba: devi stare lassù ad aspettarmi. Verrò da te alle due del pomeriggio in una carrozza trainata da quattro cavalli bianchi; ma se tu dormi invece di vegliare, io non sarò liberata." L'uomo promise che avrebbe fatto tutto ciò che ella aveva chiesto, ma il corvo disse: "Ah, so già che non mi libererai! Accetterai qualcosa da quella donna." L'uomo tornò a promettere che non avrebbe toccato nulla, n, cibo n, bevanda. Ma quando entrò nella casa la vecchia gli si avvicinò e disse: "Oh, come siete sfinito! Venite a ristorarvi, mangiate e bevete." - "No" rispose l'uomo "Non voglio n, bere n, mangiare." Ma ella non gli dette pace e disse. "Se non volete mangiare, almeno bevete un sorso dal bicchiere: uno non fa numero." Egli si lasciò persuadere e bevve un sorso. Il pomeriggio, verso le due, andò fuori in giardino, sul mucchio di torba, e voleva aspettare il corvo. Mentre se ne stava là si sentì all'improvviso molto stanco; non voleva sdraiarsi, ma non pot, farne a meno e dovette farlo per un poco; però non voleva addormentarsi. Ma non appena si fu sdraiato, gli si chiusero gli occhi, si addormentò e dormì d'un sonno così profondo che nulla al mondo avrebbe potuto svegliarlo. Alle due arrivò il corvo nella carrozza con i quattro cavalli bianchi, ma era già molto triste e diceva: "So già che dorme." E, quando entrò in giardino, lo vide disteso sul mucchio di torba, addormentato. Quando fu davanti a lui, scese dalla carrozza, si mise a scuoterlo e a chiamarlo, ma egli non si svegliò. Finalmente, a forza di gridare, riuscì a svegliarlo e gli disse: "Vedo bene che per oggi non puoi liberarmi, ma domani tornerò di nuovo in una carrozza trainata da quattro sauri; ti supplico però di non prender nulla di ciò che ti offre la donna, n, da mangiare n, da bere." - "No, certamente" rispose egli. Ma il corvo disse: "Ah, so già che prenderai qualcosa!" Il giorno dopo, verso mezzogiorno, venne la vecchia e gli chiese come mai non mangiasse né bevesse nulla. Egli rispose! "Non voglio n, mangiare n, bere." Ma la vecchia gli portò delle vivande: gli mise il piatto sotto il naso, sicché, il profumo gli salì alle nari, e riuscì anche a convincerlo a bere un altro sorso. Alle due l'uomo andò in giardino sul mucchio di torba e voleva aspettare il corvo, ma si sentì di nuovo così stanco che le membra non lo reggevano più; non ci fu nulla da fare, dovette sdraiarsi e dormire un po'. Quando arrivò il corvo nella carrozza con i quattro sauri, era di nuovo molto triste e diceva: "So già che dorme." Quando giunse davanti a lui, lo trovò profondamente addormentato ; scese dalla carrozza, lo scosse e cercò di svegliarlo; fu più difficile del giorno precedente, ma alla fine vi riuscì. Allora il corvo disse: "Vedo bene che per oggi non puoi liberarmi; domani pomeriggio, alle due, tornerò ancora un'ultima volta; i miei cavalli e la mia carrozza saranno neri. Ma tu non devi accettare nulla dalla vecchia, n, da mangiare, n, da bere." - "No, certamente" diss'egli. Ma il corvo disse: "Ah, so già che prenderai qualcosa!" Il giorno dopo venne la vecchia e chiese come mai non mangiasse n, bevesse nulla. Egli disse: "Non voglio n, mangiare n, bere." Ma la vecchia disse che doveva almeno assaggiare qualcosa, era così buono! Voleva forse morire di fame? Così egli si lasciò persuadere e bevve ancora un sorso. Quando fu ora, andò in giardino sul mucchio di torba e aspettò la principessa; ma tornò a sentirsi così stanco che non pot, resistere, si sdraiò e dormì come un sasso. Alle due arrivò il corvo in una carrozza trainata da quattro cavalli neri, e anche la carrozza era nera e così tutto il resto. Ma era già molto triste e disse: "So già che dorme e che non può liberarmi." Quando giunse da lui lo trovò profondamente addormentato. Lo scosse e lo chiamò, ma non pot, svegliarlo, continuava a dormire. Allora gli mise accanto un pane: poteva mangiarne quanto voleva senza vederlo diminuire; poi un pezzo di carne: anche di questa poteva mangiarne quanto voleva senza che scemasse; infine gli mise accanto una bottiglia di vino: poteva bere quanto voleva senza che il vino diminuisse. Poi si tolse l'anello d'oro che portava al dito e lo infilò in quello di lui: vi era inciso il suo nome. In ultimo gli mise accanto una lettera nella quale gli spiegava ciò che gli aveva dato e che non si poteva mai consumare; inoltre c'era scritto: "Vedo bene che qui non puoi liberarmi; ma se vuoi ancora farlo, vieni al castello d'oro di Stromberg; là potrai liberarmi, lo so di certo." Dopo avergli dato tutte queste cose, salì in carrozza e andò al castello d'oro di Stromberg. Quando l'uomo si svegliò e si accorse di aver dormito, se ne afflisse motto e disse: "Certo è passata qui davanti e io non l'ho liberata." Lo sguardo gli cadde sulle cose che aveva accanto, e lesse la lettera dove si diceva com'erano andate le cose. Allora egli si alzò e si mise in cammino per raggiungere il castello d'oro di Stromberg, ma non sapeva dove fosse. Già da un pezzo vagava per il mondo, quando giunse in una foresta buia, e per quindici giorni camminò senza trovare la via d'uscita. Si fece nuovamente sera, ed egli era così stanco che si sdraiò accanto a un cespuglio e si addormentò. Il giorno dopo proseguì il suo cammino e la sera, quando volle sdraiarsi nuovamente accanto a un cespuglio, udì urla e lamenti e non si pot, addormentare. E quando fu l'ora in cui si accendono i lumi, ne vide brillare uno, si alzò e andò verso quella luce. Giunse a una casa che pareva tanto piccola perché, c'era davanti un gran gigante. Egli pensò: "Se entri potresti forse rimetterci la vita, ma provaci lo stesso." Si avvicinò e quando il gigante lo vide disse: "Vieni proprio a proposito, non ho mangiato nulla da un pezzo: ti ingoierò per cena!" - "Lascia stare" disse l'uomo "se vuoi mangiare, ho qualcosa che va bene per te." - "Se è così" disse il gigante "mi va bene." Entrarono, si sedettero a tavola e l'uomo tirò fuori il pane, il vino e la carne che non finivano mai; così tutti e due mangiarono fino a saziarsi. Poi l'uomo disse al gigante: "Non sai dirmi dove si trova il castello d'oro di Stromberg?" Il gigante rispose: "Andrò a vedere la mia carta geografica, sulla quale si trovano tutte le città, i villaggi e le case."

Prese così la carta geografica che aveva in camera sua e cercò il castello; ma non c'era. "Non importa" disse "sopra, in un armadio, ho delle carte anche più grandi: vedrò se riesco a trovarlo là." Andarono a vedere, ma inutilmente. L'uomo voleva proseguire il suo viaggio, ma il gigante lo pregò di aspettare ancora qualche giorno, finché, tornasse suo fratello, che era andato via per cercare qualcosa da mangiare. Anche lui aveva una carta geografica, avrebbero cercato ancora una volta insieme, e avrebbero trovato sicuramente il castello. Allora l'uomo aspettò e quando il fratello del gigante tornò disse che non lo sapeva con esattezza, ma comunque credeva che il castello d'oro di Stromberg si trovasse sulla carta. Tutti e tre mangiarono ancora una volta a sazietà, poi il secondo gigante disse: "Vado a vedere se c'è sulla mia carta." Ma non c'era di nuovo. Allora disse che di sopra aveva una stanza piena di carte geografiche, e doveva andare a vedere là. Quando le ebbe portate di sotto, si misero di nuovo a cercare e finalmente trovarono il castello d'oro di Stromberg; ma era mille miglia lontano. "Come farò a raggiungerlo?" disse l'uomo. "Ho due ore di tempo" disse il gigante. "Ti porterò fin nelle vicinanze, ma poi devo tornare a casa ad allattare il nostro bambino." Il gigante lo portò all'incirca a cento ore dal castello e disse: "Adesso devo tornare indietro, il resto della strada puoi farlo da te." - "Oh sì!" rispose l'uomo "posso benissimo!" Prima di congedarsi, l'uomo disse ancora: "Sfamiamoci per bene." Mangiarono insieme, poi il gigante lo salutò e se ne tornò a casa. L'uomo invece andò avanti giorno e notte, finché, giunse al castello d'oro di Stromberg. Ma il castello era su di un monte di vetro, sul quale vide la fanciulla stregata in carrozza; egli voleva raggiungerla, ma ogni volta che ci provava scivolava in basso. Allora si rattristò molto e pensò fra s,: "La cosa migliore che puoi fare è di costruirti una capanna qui; da mangiare e da bere non ti manca." Così si costruì una capanna e ci restò per un anno intero; e tutti i giorni vedeva la principessa passare con la carrozza in cima al monte, ma non poteva salire fino a lei. Un giorno vide tre giganti che si azzuffavano e gridò loro: "Dio sia con voi!" A quel grido essi si fermarono ma, non vedendo nessuno, ricominciarono a picchiarsi con gran ferocia. Egli tornò a gridare: "Dio sia con voi!" Quelli si fermarono di nuovo, si guardarono intorno, ma siccome non vedevano nessuno, ripresero nuovamente a picchiarsi. Allora egli disse per la terza volta: "Dio sia con voi!" e pensò: "Devi proprio andate a vedere che intenzioni hanno quei tre." Andò da loro e domandò perché, si picchiassero. Allora uno disse di aver trovato un bastone: se con esso batteva su una porta, questa si spalancava; il secondo disse di aver trovato un mantello: se lo indossava, diventava invisibile; ma il terzo disse di aver catturato un cavallo con il quale si poteva andare sul monte di vetro. Allora l'uomo disse: "Voglio barattare con voi queste tre cose; di denaro veramente non ne ho, ma ho dell'altro che vale di più. Prima però devo fare una prova, per vedere se avete detto la verità." Quelli lo fecero salire a cavallo, gli misero il mantello addosso e il bastone in mano; e quando egli ebbe tutto ciò, non poterono più vederlo. Allora egli li caricò di botte e gridò: "Adesso siete soddisfatti?" e cavalcò sul monte di vetro. Quando arrivò davanti al castello lo trovò chiuso; allora picchiò alla porta con il bastone, e subito la porta si spalancò. Egli entrò, salì le scale, e nella sala di sopra, trovò la fanciulla che aveva dinanzi a s, un calice d'oro colmo di vino; ella tuttavia non poteva vedere l'uomo, poiché, egli indossava il mantello. E quando l e fu davanti, egli si tolse dal dito l'anello ch'ella gli aveva dato, e lo gettò nel calice che tintinnò. Allora ella esclamò: "E' il mio anello! Deve esserci, dunque, anche l'uomo che mi libererà!" Lo cercarono in tutto il castello ma non lo trovarono, poiché, egli era uscito, si era seduto a cavallo e si era tolto il mantello. Quando uscirono dalla porta, lo videro e gridarono di gioia. Egli scese da cavallo e prese la principessa fra le braccia; ed ella lo baciò e disse: "Adesso mi hai davvero liberata!" Poi festeggiarono le nozze e vissero felici insieme.

— FINE —

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