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KHM 028
In una gran foresta si aggirava un cinghiale che sconvolgeva campi, uccideva il bestiame e azzannava e sbranava gli uomini. Nessuno si avventurava più nei pressi del bosco, poiché, l'animale era diventato un vero flagello per il paese. Il re promise una ricompensa, ma tutti coloro che provarono a catturarlo o ucciderlo perirono miseramente, sicché, più nessuno era tanto audace da accettare la rischiosa impresa. Infine il re rese noto che colui che avesse abbattuto il cinghiale avrebbe avuto la sua unica figlia in isposa.
Da tutto il regno si fecero avanti solo due fratelli, figli di un pover'uomo: il maggiore, accorto e astuto, lo faceva per superbia; il minore, innocente e sciocco, per buon cuore. Il re li fece entrare nel bosco da due punti diversi, dai quali essi dovevano tentare la loro fortuna. Il maggiore entrò da nord e il minore da sud. Come questi fu nel bosco incontrò un omettino che teneva in mano una lancia nera e disse: "Vedi, con questa lancia puoi assalire e uccidere il cinghiale senza timore; te la do perché, il tuo cuore è buono." Il giovane, prese l'arma, ringraziò l'omino e proseguì fiducioso il cammino. Poco dopo scorse l'animale che gli si scagliò contro inferocito; ma egli gli oppose lo spiedo e, nella sua cieca furia, quello vi si precipitò addosso con tanta violenza che ne ebbe il cuore spaccato. Allora il giovane si mise la preda sulle spalle e, tutto contento, prese la via del ritorno per portarla al re.
L'altro fratello, strada facendo, aveva incontrato una casa dove la gente si divertiva bevendo e ballando. Era entrato pensando: "Il cinghiale non ti sfuggirà, prima fatti coraggio con una bella bevuta!" Intanto il più giovane, uscendo dal bosco, passò lì davanti e quando il fratello lo vide, carico della preda, divenne invidioso e pensò al modo di nuocergli. Allora gridò "Vieni, caro fratello, riposati un po' e ristorati con un bicchiere di vino." L'altro, che nella sua ingenuità non sospettava nulla di male, entrò e gli raccontò come era andata e che aveva ucciso il cinghiale con una lancia nera.
Il maggiore lo trattenne fino a sera, poi se ne andarono insieme. Era buio quando arrivarono a un ponte su di un ruscello; il maggiore mandò avanti l'altro e quando furono a metà del ponte lo colpì, facendolo precipitare morto. Poi lo seppellì sotto al ponte, prese il cinghiale e lo portò al re, dando a intendere di averlo ucciso lui; e così ebbe la principessa in isposa. Poiché, il fratello minore non faceva ritorno, egli disse: "Il cinghiale lo avrà sbranato." E tutti gli credettero.
Ma nulla rimane nascosto davanti a Dio, così anche questo misfatto doveva venire alla luce. Un giorno, dopo molti anni, un pastore, facendo passare il suo gregge sul ponte, vide giù, fra la sabbia, un ossicino bianco come la neve e pensò di farne un bel bocchino. Scese, lo raccolse, e intagliò un bocchino per il suo corno. Ma la prima volta che si mise a suonare, con sua gran meraviglia l'ossicino cominciò a cantare da solo:
"Ah pastorello,
nel mio osso hai soffiato,
è proprio mio fratello
colui che mi ha ammazzato!
E in questo ruscello dopo mi sotterrò,
il cinghiale al re portò e sua figlia si sposò."
"Che strano corno," disse il pastore, "canta da solo!" e, pur non comprendendo il significato delle parole, lo portò al re. Allora l'ossicino ricominciò a cantare la sua arietta. Il re la capì benissimo e fece scavare sotto il ponte, dove comparve tutto lo scheletro dell'ucciso. Il fratello cattivo non pot, negare il delitto; fu gettato in acqua e annegato; le ossa della vittima, invece, ebbero riposo in una bella tomba al cimitero.
— FINE —
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