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Il principe e la principessa

KHM 113

C'era una volta un re che aveva un bambino, e le stelle dicevano che a sedici anni sarebbe stato ucciso da un cervo. Quando li ebbe compiuti, un giorno andò a caccia con i suoi cacciatori. Nel bosco il principe si allontanò dagli altri e scorse all'improvviso un grande cervo: prese la mira, ma non riuscì a colpirlo; il cervo a forza di correre uscì finalmente dal bosco, ed ecco, al posto del cervo, apparire d'un tratto un uomo grande e grosso, che disse: "Finalmente ti ho trovato. A inseguirti con le scarpe di vetro, ne ho già consumate sei paia, senza che potessi raggiungerti." Se lo prese con s, e lo portò al di là di un gran fiume, fino a un grande castello, e il principe dovette sedersi a tavola e mangiare con lui. Dopo aver mangiato il re disse: "Io ho tre figlie; devi vegliare la maggiore per una notte, dalle nove di sera alle sei del mattino. Ogni volta che battono le ore verrò e ti chiamerò, e se mi rispondi sempre avrai mia figlia in isposa." Quando i due giovani salirono in camera da letto, c'era là un san Cristoforo di pietra e la principessa gli disse: "Mio padre verrà alle nove, e poi a tutte le ore fino allo scoccare delle tre; se chiama dategli voi risposta al posto del principe." Il san Cristoforo annuì con il capo veloce veloce, poi sempre più adagio, finché, si fermò. Il mattino seguente il re disse al principe: "Te la sei cavata bene, ma non posso darti mia figlia; devi vegliare per una notte la seconda, poi rifletterò se puoi avere la maggiore in isposa. Io verrò sempre quando suonano le ore e, se ti chiamo, devi rispondermi; ma se ti chiamo e tu non rispondi, scorrerà il tuo sangue." I due giovani salirono in camera da letto; là c'era un san Cristoforo di pietra ancora più grande e la principessa gli disse: "Se mio padre chiama, rispondi tu." Il grande san Cristoforo di pietra annuì con il capo veloce veloce, poi sempre più adagio, finché, si fermò. E il principe si coricò sulla soglia, mise la mano sotto la testa e si addormentò. Il mattino seguente il re gli disse: "Te la sei cavata davvero bene, ma non posso darti mia figlia; devi vegliare per una notte la più giovane, poi rifletterò se puoi avere la seconda in isposa. Ma io verrò a tutte le ore, e se ti chiamo, rispondimi; ma se ti chiamo e tu non rispondi, scorrerà il tuo sangue." I giovani salirono insieme in camera da letto, e là c'era un san Cristoforo ancora più grande e grosso degli altri due. La principessa gli disse: "Se mio padre chiama, rispondi tu." Allora il san Cristoforo di pietra, grande e grosso com'era, annuì con il capo per mezz'ora, finché, si fermò. Il mattino seguente il re disse: "Hai vegliato davvero bene, ma non posso ancora darti mia figlia. Io ho un grande bosco: se riesci ad abbatterlo fra le sei di questa mattina e le sei di sera, ci penserò su."

E gli diede una scure di vetro, un cuneo di vetro e un maglio di vetro. Quando il principe giunse nel bosco, diede un colpo e la scure si spezzò in due; prese il cuneo e vi batté, con il maglio, ed eccolo ridotto in polvere. Egli era disperato e credeva di dover morire; si mise a sedere e pianse. A mezzogiorno il re disse: "Una di voi ragazze gli porti qualcosa da mangiare." - "No" risposero le due maggiori "Noi non gli porteremo nulla; può portargli qualcosa quella che egli ha vegliato per ultima." Così la più giovane dovette andare a portargli qualcosa da mangiare. Quando giunse nel bosco gli domandò come andava. Oh, rispose egli, andava malissimo. Allora ella gli disse di avvicinarsi e di mangiare qualche boccone. Ma egli rispose di no, non poteva, tanto doveva morire e non voleva più mangiare. Ma ella lo convinse a provare con molte buone parole; e il principe si avvicinò e mangiò. Quand'ebbe mangiato qualcosa ella gli disse: "Ti spidocchierò un poco, così cambierai idea." E, mentre lo spidocchiava, egli sentì una grande stanchezza e si addormentò. Ella prese allora il suo fazzoletto, vi fece un nodo, lo batté, tre volte per terra e disse: "Fuori, miei piccoli operai!" Subito apparvero tanti piccoli gnomi e domandarono che cosa ordinasse la principessa. Ella disse: "In tre ore questo bosco deve essere abbattuto e la legna accatastata." Allora gli gnomi se ne andarono di qua e di là e radunarono tutti i loro parenti, perché, li aiutassero nel lavoro. Incominciarono subito e tre ore dopo tutto era finito; poi tornarono dalla principessa e glielo dissero. Allora ella tornò a prendere il suo fazzoletto bianco e disse: "A casa, miei piccoli operai!" E tutti scomparvero. Quando il principe si svegliò era tutto contento, ed ella disse: "Quando suonano le sei, vieni a casa." Egli ubbidì e il re gli domandò: "Hai abbattuto il bosco?" - "Sì" rispose il principe. A tavola, il re disse: "Non posso ancora darti mia figlia in moglie." Prima doveva fargli un altro lavoro. Il principe domandò che cosa fosse. "Ho un grande stagno" disse il re. "Domattina devi andarci e pulirlo in modo che sia lustro come uno specchio e ci sia dentro ogni sorta di pesci." Il mattino seguente gli diede una pala di vetro e disse: "Alle sei lo stagno deve essere pronto." Il principe se ne andò e, quando giunse allo stagno e affondò la pala nel fango, quella si spezzò; allora egli vi affondò la zappa e anche quella si spezzò. Allora si fece tristissimo. A mezzogiorno la più giovane gli portò qualcosa da mangiare e gli domandò come andava. Il principe disse che andava malissimo e che ci avrebbe rimesso la testa: "Gli arnesi sono andati di nuovo in pezzi." Oh, doveva venire a mangiare qualcosa, diss'ella: "Poi cambierai idea." No diss'egli, non poteva mangiare, era troppo triste. Ma ella lo pregò con tante buone parole che egli fini col mangiare. Poi si mise a spidocchiarlo ed egli si addormentò. Di nuovo ella prese un fazzoletto, vi fece un nodo e con il nodo picchiò tre volte per terra e disse: "Fuori, miei piccoli operai!" Subito comparvero tanti gnomi e domandarono che cosa desiderasse. In tre ore dovevano pulire tutto lo stagno, che fosse lustro da potercisi specchiare e ci fosse dentro ogni sorta di pesci. Allora gli omini andarono a chiamare tutti i loro parenti perché, li aiutassero, e in due ore avevano finito. Allora tornarono e le dissero: "Abbiamo fatto quello che ci hai ordinato." La principessa prese il fazzoletto, lo batté, tre volte per terra e disse: "A casa, miei piccoli operai!" E tutti scomparvero. Quando il principe si svegliò, lo stagno era pronto. Anche la principessa se ne andò e gli disse di tornare a casa allo scoccare delle sei. Quand'egli arrivò a casa, il re gli domandò: "Lo stagno è pronto?" - "Sì" rispose il principe, era già pronto. A t avola, il re disse: "Hai sì messo a posto lo stagno, ma non posso ancora darti mia figlia; prima devi farmi un'altra cosa." - "Che cosa, dunque" domandò il principe. Il re aveva un grande monte, tutto coperto di spini, doveva toglierli tutti, e in cima doveva costruire un grande castello, il più bello che si potesse immaginare, e dentro doveva esserci tutto ciò che occorreva. Quando si alzò il mattino seguente, il re gli diede una scure di vetro e una barella di vetro, e disse che alle sei tutto doveva essere finito. Quando egli diede il primo colpo di scure nello spineto, la scure andò in frantumi e le schegge volarono intorno, e non pot, neanche usare la barella. Egli era molto afflitto e attese la sua amata, se per caso veniva a toglierlo dai guai. A mezzogiorno ella arrivò e gli portò qualcosa da mangiare; allora egli le andò incontro, le raccontò ogni cosa, mangiò, si lasciò spidocchiare e si addormentò. Allora ella prese il fazzoletto con il nodo, lo batté, per terra e disse: "Fuori, miei piccoli operai!" Comparvero di nuovo tanti piccoli gnomi e le chiesero che cosa desiderasse. Ella disse: "In tre ore dovete togliere tutte le spine e in cima al monte dovete costruire un castello, il più bello che si possa immaginare, e dentro deve esserci tutto ciò che occorre." Gli gnomi andarono a radunare i loro parenti perché, li aiutassero e, allo scadere delle tre ore, tutto era finito. Andarono a dirlo alla principessa ed ella prese il fazzoletto, lo batté, tre volte a terra e disse: "A casa, miei piccoli operai!" E tutti scomparvero subito. Quando il principe si svegliò e vide tutto, era felice come un uccello che si libra nell'aria. Allo scoccare delle sei andarono a casa insieme. Disse il re: "Il castello è finito?" - "Sì" rispose il principe. A tavola il re disse: "Non posso darti la mia figlia minore se prima non si sposano le due più grandi." Il principe e la principessa erano disperati, e il principe non sapeva proprio più cosa fare. Di notte andò dalla principessa e fuggì con lei. Dopo aver fatto un tratto di strada, la principessa si guardò attorno e vide il padre che li inseguiva.

"Oh" disse "come faremo? Mio padre ci insegue e vuole prenderci! Ti trasformerò in un rosaio, e io diventerò una rosa e mi riparerò in mezzo al cespuglio." Quando il padre arrivò, trovò un rosaio con una rosa; stava per coglierla, ma le spine gli punsero le dita, sicché, dovette tornare a casa. Sua moglie gli domandò perché, non avesse portato con s, la figlia. Egli le raccontò che stava per raggiungerla quando, d'un tratto, l'aveva persa di vista e aveva trovato un rosaio con una rosa. La regina disse: "Se avessi colto la rosa, ti sarebbe venuto dietro anche il rosaio." Allora il re usci di nuovo per prendere la rosa. Ma nel frattempo i due giovani erano già lontani e il re li inseguiva. La fanciulla si guardò nuovamente attorno, vide venire il padre e disse: "Ah, come faremo? Ti trasformerò in una chiesa, e io sarò il pastore; mi metterò sul pulpito e predicherò." Quando il re arrivò, trovò una chiesa e, sul pulpito, un pastore che predicava; egli ascoltò la predica e ritornò a casa. La regina gli domandò perché, non avesse portato con s, la figlia, ed egli disse: "L'ho inseguita a lungo e, quando credevo di averla raggiunta, c'era una chiesa e, sul pulpito, un pastore che predicava." - "Avresti dovuto portare con te il pastore" disse la regina "e ti sarebbe venuta dietro la chiesa: se mando te, non serve a niente; devo andarci io." Aveva già fatto un tratto di strada e vedeva i due giovani da lontano, quando la principessa si guardò attorno, vide venire la madre e disse: "Miseri noi! Sta arrivando mia madre: ti trasformerò in stagno e io in pesce." Quando la madre arrivò c'era un grande stagno, e in mezzo c'era un pesce che saltava allegramente qua e là, facendo capolino fuori dall'acqua. Ella voleva prendere il pesce, ma non riusciva ad acchiapparlo. Allora si arrabbiò e bevve tutto lo stagno per prendere il pesce ma s i sentì così male che dovette rigettare e rigettò tutto lo stagno. Allora disse: "Vedo che non c'è via di scampo" e li pregò di tornare da lei. Essi ci andarono e la regina diede alla figlia tre noci e disse: "Ti serviranno in caso di necessità." I due giovani se ne andarono e dopo dieci ore di cammino giunsero al castello del principe, accanto al quale vi era un villaggio. Quando vi giunsero il principe disse: "Resta qui, mia cara, andrò al castello e poi verrò a prenderti con i servi in carrozza." Quando arrivò al castello tutti erano felici che il principe fosse tornato. Egli raccontò che giù nel villaggio aveva una sposa, e sarebbero andati a prenderla in carrozza. Attaccarono subito i cavalli e molti servi salirono sulla carrozza. Quando il principe volle salirvi, sua madre gli diede un bacio, ed egli scordò tutto quello che era successo e anche quello che voleva fare. Allora la madre ordinò che staccassero i cavalli e rientrarono tutti in casa. Ma la fanciulla era là nel villaggio e, aspetta aspetta, credeva ch'egli venisse a prenderla; e invece non veniva nessuno. Allora la principessa entrò a servizio al mulino che apparteneva al castello, e tutti i pomeriggi doveva lavare le stoviglie nel fiume. Una volta la regina scese dal castello, e, passeggiando lungo il fiume, vide la bella fanciulla e disse: "Che bella fanciulla! Come mi piace!" Chiese notizie a tutti, ma nessuno la conosceva. La fanciulla servì fedelmente il mugnaio per lungo tempo. Intanto la regina aveva cercato una sposa per il figlio. La sposa veniva da molto lontano e, quando arrivò, dovevano sposarsi subito. Venne molta gente a vedere le nozze, e la fanciulla pregò il mugnaio che lasciasse andare anche lei. Il mugnaio disse: "Va' pure." Prima di andare ella aprì una delle tre noci, e vi trovò una bella veste; l'indossò, andò in chiesa e si fermò all'altare. D'un tratto giunsero lo sposo e la sposa e si sedettero davanti all'altare. Il pastore stava per benedirli quando la sposa guardò di lato e vide la fanciulla; allora si alzò e disse che non voleva sposarsi se prima non aveva anche lei un vestito così bello come quello della dama. Allora ritornarono a casa e fecero chiedere alla dama se voleva vendere il suo vestito. No, non lo vendeva, ma era possibile guadagnarselo. Le chiesero che cosa dovevano fare. Ella rispose che, se avesse potuto dormire una notte davanti alla porta del principe, le avrebbe dato la veste. La sposa disse che si, poteva farlo. I servi dovettero dare al principe un sonnifero, mentre ella si coricò sulla soglia e si lamentò tutta la notte: per lui aveva fatto abbattere il bosco, ripulire lo stagno, costruire il castello; lo aveva trasformato in rosaio, poi in chiesa e infine in stagno, ed egli l'aveva dimenticata così presto! Il principe non senti nulla, ma i servi si erano svegliati, avevano ascoltato tutto e non sapevano che cosa ciò significasse. Il mattino seguente, quando si alzarono, la sposa indossò il vestito e andò in chiesa con lo sposo. Nel frattempo la bella fanciulla spezzò la seconda noce, e dentro c'era un'altra veste, ancora più bella; indossò anche questa, andò in chiesa e si fermò di fronte all'altare, e tutto andò come la volta precedente. La fanciulla trascorse così un'altra notte coricata davanti alla camera del principe, e i servi dovevano dargli un altro sonnifero; invece andarono e gli diedero qualcosa perché, stesse sveglio. Egli si mise a letto e la fanciulla del mulino, sulla soglia, continuò a lamentarsi dicendo quello che aveva fatto. Il principe sentì ogni cosa e si rattristò molto, e gli tornò in mente tutto ciò che era accaduto. Voleva andare da lei, ma sua madre aveva chiuso la porta. Il mattino seguente andò subito dalla sua diletta e le raccontò tutto quello che gli era successo e la pregò di non essere in collera con lui per averla dimenticata così a lungo. Allora la principessa spezzò la terza noce, nella quale c'era una veste ancora più bella; l'indossò e andò in chiesa con il suo sposo. E arrivarono tanti bambini a portare fiori e a stendere nastri variopinti ai loro piedi; gli sposi furono poi benedetti e festeggiarono le loro nozze con allegria; la perfida madre e la fidanzata dovettero invece andarsene. E a chi per ultimo l'ha raccontata, ancora la bocca non s'è freddata.

— FINE —

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