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KHM 054
C'erano una volta tre fratelli tanto poveri e, quando la loro miseria crebbe al punto che essi non avevano più nulla da mettere sotto i denti, decisero di andarsene in giro per il mondo per cercare fortuna altrove. Cammina cammina per campi e strade, arrivarono infine in un gran bosco dove c'era un monte d'argento. Il maggiore, soddisfatto, ne prese quanto poteva trasportarne e ritornò a casa; gli altri due invece si augurarono una maggior fortuna, perciò non toccarono l'argento e proseguirono. Dopo aver fatto un bel pezzo di strada, arrivarono a una montagna che era tutta d'oro. Il secondo fratello disse: "Che devo fare? Devo arricchirmi con quest'oro, o andare avanti?" Si fermò a riflettere, ma alla fine si mise in tasca tutto quel che pot, e se ne ritornò a casa. Il fratello minore invece pensò: "Oro e argento non mi toccano: non voglio perdere la mia fortuna, forse mi aspetta qualcosa di meglio." Lasciò l'oro dov'era, proseguì e dopo tre giorni giunse in un'immensa foresta che non finiva mai; e siccome egli non aveva da mangiare n, da bere, fu sul punto di morire di fame. Allora salì su di un albero alto, per vedere se di lassù riusciva a scorgere il limite del bosco, ma non vide che cime d'alberi a perdita d'occhio. Scese dall'albero pensando: "Potessi almeno saziarmi una volta!." Quando fu a terra il suo desiderio si era esaudito: ai piedi dell'albero si trovava infatti un tavolo abbondantemente apparecchiato con cibi di ogni sorta il cui profumo giunse alle sue narici. "Viene proprio a proposito!" diss'egli, s'avvicinò alla tavola e mangiò di gusto finché, si fu cavata la fame. Quand'ebbe finito, prese la tovaglietta, la piegò accuratamente e la mise nella bisaccia. Poi proseguì e la sera, quando ebbe di nuovo fame, tirò fuori la tovaglietta, la spiegò e disse: "Desidero che tu ti copra di cibi squisiti." E d'un tratto comparve una gran quantità di piatti di portata colmi di ogni ben di Dio. Egli comprese così che si trattava di una tovaglietta magica ed esclamò: "Mi sei ben più cara dell'argento e dell'oro!" Ma non volle ancora tornare a casa e proseguì il suo cammino in giro per il mondo. Una sera giunse da un carbonaio che stava facendo carbone e aveva messo sul fuoco delle patate per cena. Chiacchierarono un po'. Poi il carbonaio invitò il giovane a mangiare le patate con lui. "No" rispose "non voglio toglierti la cena; sarai tu a essere mio ospite." - "E chi preparerà?" disse il carbonaio. "Vedo bene che non hai niente con te." - "Eppure sarà un'ottima cena" rispose il giovane. Prese dalla bisaccia la tovaglietta, la spiegò, formulò il suo desiderio, ed ecco apparire i piatti già bell'e pronti. Il carbonaio strabuzzò gli occhi per lo stupore, ma poi allungò la mano e si servì. Quand'ebbero finito di mangiare, il carbonaio disse: "La tua tovaglietta mi piace, se vuoi fare cambio ti do un vecchio zaino militare che è dotato di virtù magiche e che io non uso più." - "In che cosa consiste la sua virtù?" domandò il giovane. Il carbonaio rispose: "Se lo batti con la mano, compare ogni volta un caporale con sei uomini provvisti di moschetto e arma bianca, ed essi fanno quello che tu ordini." - "Se così deve essere" rispose l'altro "il cambio mi sta bene." Così il carbonaio si tenne la tovaglietta, mentre il giovane se ne andò con lo zaino. Quand'ebbe fatto un tratto di strada disse: "Devo provare le virtù magiche dello zaino" e bussò. Subito comparvero i sette eroi e il caporale disse: "Cosa comanda il mio signore?" - "Andate dal carbonaio e riprendetegli la tovaglietta magica." Fianco sinist e, dopo non molto tempo, ritornarono con l'oggetto richiesto, sottratto al carbonaio senza fare troppi complimenti. Egli ordinò loro di ritirarsi e proseguì, sperando che la fortuna lo favorisse sem pre.
Al tramonto arrivò da un altro carbonaio che si stava preparando la cena sul fuoco. "Salute a te!" disse il carbonaio. "Se vuoi mangiare con me patate senza strutto, non hai che da servirti." - "No" rispose egli "per questa volta sarai tu mio ospite." Stese la tovaglietta che subito si ricoprì di ogni ben di Dio, ed essi mangiarono e bevvero insieme allegramente. Dopo cena il carbonaio disse: "Darei l'anima per avere la tua tovaglietta! Là c'è un cappellino che non mi serve a nulla: se uno lo mette in testa e lo fa girare, le colubrine sparano come se ne avessero appostate dodici in fila e distruggono tutto. Se mi lasci la tovaglietta ti darò il cappello." Il giovane accettò, prese il cappello e lasciò la tovaglietta. Ma non aveva fatto molta strada che picchiò sul suo zaino e disse al caporale: "Vai con i tuoi sei uomini e riportami la tovaglietta magica." I soldati gliela riportarono: così egli ci guadagnò il cappello. Tuttavia non voleva fare ritorno a casa e pensava: "Non è ancora ora che torni; devo proseguire." Ma il bosco non aveva fine, ed egli dovette camminare ancora per un giorno intero. La sera giunse da un terzo carbonaio che, come gli altri, lo invitò a mangiare patate senza strutto. Ma egli divise con lui la cena della tovaglietta magica, e il carbonaio mangiò così di gusto, che finì coll'offrirgli una cornetta. A suonarla crollavano tutte le fortificazioni, le città e i villaggi. Egli lascio la tovaglietta al carbonaio, ma la fece reclamare subito dopo dalla soldatesca, sicché, alla fine aveva zaino, cappellino e cornetta insieme. "Ora sono a posto" disse "è tempo che faccia ritorno a casa a vedere come se la passano i miei fratelli." All'arrivo, trovò che essi vivevano nel fasto grazie alla ricchezza accumulata. Ma quando lo scorsero, in abiti vecchi e laceri, non vollero riconoscerlo e lo scacciarono. Allora egli andò in collera e picchiò sullo zaino finché, non ebbe davanti centocinquanta uomini. Ordinò loro di dare una bella lezione ai due fratelli, perché, si ricordassero chi egli fosse. Scoppiò un gran baccano, e l'intero paese accorse in aiuto dei due malcapitati; i soldati, tuttavia, erano invincibili. Ne fu informato il re che mandò un capitano con la sua truppa. Ma l'uomo dagli strumenti magici, vedendoli venire, picchiò sullo zaino e radunò altri soldati e cavalieri, sicché, il capitano e i suoi uomini furono respinti e dovettero ritirarsi con la faccia pesta. Il re disse: "Bisogna assolutamente sottometterlo!" e il giorno seguente gli mandò contro truppe più numerose. Ma il giovane picchiò sullo zaino finché, non si trovò davanti un intero esercito schierato, al quale ordinò di scagliarsi sul nemico. Poi girò un paio di volte il suo cappellino: allora incominciarono a sparare le artiglierie pesanti e gli uomini del re furono battuti e messi in fuga. "Adesso non faccio la pace" diss'egli "se non mi danno la principessa in sposa, e tutto il regno da governare in nome del re." Il re disse alla figlia: "E' dura da digerire, ma se voglio mantenere la pace e conservare la corona, devo cederti." Così furono celebrate le nozze, ma la principessa non accettava di essere stata costretta a sposare un uomo tanto sgradevole; rimuginava giorno e notte sul modo di sbarazzarsene e nessun pensiero le era più gradito. Tentò di scoprire su che cosa si fondasse il suo potere, ed egli stesso finì col rivelarle la magia dello zaino. Allora ella prese a fargli mille moine per farselo dare e quando finalmente lo ottenne, abbandonò il marito. Allora egli radunò l'esercito, ma la principessa picchiò sullo zaino aumentando del doppio il numero dei propri soldati. Egli sarebbe stato perduto se non avesse avuto il cappellino. Se lo mise in testa e lo fece girare un paio di volte: subito presero a tuonare le artiglierie e tutto crollò; sicché, la principessa stessa dovette andare a chiedere grazia. Egli si lasciò persuadere e le accordò la pace. Dopo non molto tempo, la principessa ricominciò a fare delle indagini e, accortasi dei poteri del cappellino, riuscì a convincere il marito a farselo dare a furia di chiacchiere. Ma non appena l'ebbe ottenuto, fece cacciare lo sposo, pensando così di averla spuntata. Ma egli prese la cornetta e si mise a suonarla: e subito crollarono mura e fortini, città e villaggi, seppellendo il re e la principessa. E se egli non avesse deposto la cornetta e l'avesse suonata ancora un po', tutto sarebbe finito in un cumulo di macerie e non sarebbe rimasta pietra su pietra. Così sopravvisse solo lui e regnò su tutto il paese.
— FINE —
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